120 giorni dopo… Hanau: Spazi per la Solidarietà

Nove per­so­ne con sfon­do migra­to­rio fami­glia­re han­no tro­va­to una mor­te vio­len­ta il 19 feb­braio a Hanau. A spar­arg­li, feren­do in par­te gra­ve­men­te anche num­e­ro­se alt­re per­so­ne, è sta­to il raz­zis­ta 43enne Tobi­as Rath­jen. Ques­ta serie di omic­i­di not­tur­ni, per nume­ro di vitti­me, occu­pa il secon­do pos­to nella sto­ria degli attac­chi ter­ro­risti­ci di des­tra del­la Repubbli­ca Fede­ra­le Tede­s­ca. Sol­tan­to l’attacco dina­mitar­do all’Ok­to­ber­fest di Mün­chen nel 1980, come cri­mi­ne indi­vi­dua­le di ter­ro­ris­mo di des­tra con 13 mor­ti e olt­re 200 feri­ti, supera nel nume­ro del­le per­so­ne dirett­amen­te col­pi­te la stra­ge di Hanau del feb­braio 2020.

Il 19 feb­braio, intor­no alle 22, l’o­mic­i­da è ent­ra­to in due ris­tor­an­ti nella stra­da Am Heu­markt al cen­tro di Hanau, spa­ran­do a tre uomi­ni: Kaloyan Vel­kov, 33 anni, cli­ente del bar „La Vot­re“,  Sedat Gür­büz, 30 anni, pro­prie­ta­rio del­la “Shi­sa-Lounge Mid­night“, e il 34enne Fatih Sara­çoğ­lu, col­pi­to in stra­da. Spost­a­to­si poi nel vici­no quar­tie­re di Kes­sel­stadt, Rath­jen, nel par­cheg­gio di fron­te a un grat­ta­cie­lo di Kurt-Schu­ma­cher-Platz ha spa­ra­to il 22enne Vili Vio­rel Păun che con la sua auto lo ave­va segui­to nel vano ten­ta­tivo di fer­mar­lo e di chi­ama­re la poli­zia. Suc­ces­si­v­a­men­te l’ass­as­si­no ent­rò nell’“Arena Bar“, un ris­tor­an­te con chi­o­sco annes­so al pian­ter­re­no del grat­ta­cie­lo. Nel chi­o­sco ha ucciso il mura­to­re  Gök­han Gül­te­kin, 37 anni, la 35enne mad­re sin­gle Mer­ce­des Kier­pacz e l’in­stal­la­to­re di 23 anni Fer­hat Unvar. Nella zona bar ha poi ucciso il 21enne Said Nesar Hash­e­mi e il 22enne Ham­za Kur­to­vić, e feri­to in par­te gra­ve­men­te altri visi­ta­to­ri del bar. Dopo ques­to mas­sacro, Rath­jen è anda­to nella vici­na casa dei suoi geni­to­ri, dove ha ucciso pri­ma sua mad­re e poi se stesso.

Come il fascis­ta nor­vegse Anders Beh­ring Brei­vik nei suoi atten­ta­ti a Oslo e sull’isola di Utøya di lug­lio 2011, come il fascis­ta aus­tra­lia­no Bren­ton Tar­rant nei suoi atten­ta­ti a due moschee neo­ze­lan­de­si a Christ­church di mar­zo 2019, anche l’omicida di Hanau ha lascia­to un mani­festo. Sot­to il tito­lo “mess­ag­gio all’intero popo­lo tedes­co” con­tiene espres­sio­ni raz­zis­te, anti­se­mi­te, isla­mo­fo­bi­che e miso­gi­ne. Alcu­ni gior­ni pri­ma di com­pie­re gli omic­i­di ha pubbli­ca­to un video su You­Tube con simi­li con­te­nuti. Le sue affer­ma­zio­ni, da un lato, sono zep­pe di vari ele­men­ti di teo­rie cospi­ra­ti­ve, dal­l’al­t­ro indi­ca­no signi­fi­ca­ti­vi dis­tur­bi del­la per­so­na­li­tà dell’omicida.

Sono pas­sa­ti olt­re 100 gior­ni da quest’attacco ter­ro­risti­co, e già i mor­ti sem­bra­no dimen­ti­ca­ti all’om­bra del­la pan­de­mia Coro­na. Ma i paren­ti, gli amici e i cono­s­cen­ti del­le vitti­me non posso­no e non vogli­o­no dimen­ti­ca­re il san­gu­i­no­so cri­mi­ne raz­zis­ta. Chie­do­no luce sul­la sto­ria per­so­na­le del­l’o­mic­i­da e sul­la dina­mi­ca del cri­mi­ne, chie­do­no soli­da­rie­tà per i fami­glia­ri, paren­ti e amici col­pi­ti dal mas­sacro e in par­ti­co­la­re la indi­vi­dua­zio­ne e la lot­ta a quel­le ideo­lo­gie e a queg­li att­eg­gi­a­men­ti che han­no por­tato al mas­sacro. Con ques­to sco­po si orga­niz­za­no nella “Initia­ti­ve 19. Febru­ar Hanau“.

All’i­ni­zio di giug­no, nel­lo spa­zio com­me­mo­ra­tivo di Hanau, Hei­ko Koch ha inter­vi­st­a­to Seda Ard­al e Hagen Kopp dell’“Initiative 19. Febru­ar Hanau“ sull’attuale situa­zio­ne del posto.

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Hei­ko Koch: Ciao. Voi due fate par­te dell’“Initiative 19. Febru­ar Hanau“. Pote­te pre­sen­tar­vi brevemente?

Seda Ard­al: Mi chi­amo Seda. Ho 30 anni e sono nato e cre­sci­uto qui a Hanau. Ora vivo nella vici­na Offen­bach. Sono impeg­na­to sin dal­l’i­ni­zio nell’iniziativa.

Hagen Kopp: Mi chi­amo Hagen, ven­go anch’io da Hanau. Sono poli­ti­ca­men­te attivo qui a Hanau da mol­to tem­po. Soprat­tut­to a soste­g­no dei rifu­gia­ti e in pro­get­ti anti­raz­zi­sti. Mi impeg­no anche in un’i­ni­zia­ti­va chi­ama­ta „Soli­da­rie­tà anzi­ché divi­sio­ne“, un’al­le­an­za di sindaca­lis­ti, asso­cia­zio­ni di migran­ti e grup­pi anti­raz­zi­sti. È un ambi­en­te che ha sapu­to reagi­re in un tem­po rela­tiv­a­men­te bre­ve ai fat­ti del 19 feb­braio, che ci ave­va lascia­ti tut­ti sor­pre­si e scioccati.

Hei­ko: Pos­so chie­der­ti come ave­te vis­suto per­so­nal­men­te quella not­te del 19 febbraio?

Seda: Vab­be­ne. Dun­que il 19 feb­braio sono anda­to a let­to abbastan­za pres­to. All’epo­ca ave­vo un lavoro mol­to stres­san­te. Quan­do mi sono sve­gli­a­to gio­ve­dì mat­ti­na, ho vis­to sul cel­lu­la­re mol­te chi­ama­te per­se dei miei amici e del­la mia fami­glia. La pri­ma cosa che ho let­to è sta­ta „Spa­ra­to­ria a Hanau“. Non c’era scritto nulla di un nazis­ta o di un attac­co ter­ro­risti­co. Veni­va pre­sen­ta­ta come una sem­pli­ce spa­ra­to­ria. La pri­ma cosa che ho fat­to è sta­ta chi­ama­re mio pad­re. Mi ha det­to che uno dei suoi miglio­ri amici ave­va per­so suo figlio nel­l’­at­tac­co: Gök­han Gül­te­kin. Sape­vo che mio fratel­lo era mol­to ami­co di lui e l’ho chi­ama­to. Beh, pri­ma non ave­vo mai vis­to pian­ge­re mio fratel­lo, e ora… . Ques­ta tele­fo­na­ta mi ha ver­a­men­te scos­so. A me e a tut­ta la mia fami­glia. Le set­ti­ma­ne suc­ces­si­ve sta­vo abbastan­za fuo­ri fase. Ci sono volu­te parec­chie set­ti­ma­ne pri­ma di riprend­er­mi e poter pen­sare più lucidamente.

Hagen: Quel mer­co­le­dì sera del 19 feb­braio ave­va­mo un incon­tro con „Soli­da­rie­tà anzi­ché divi­sio­ne“, e dopo sia­mo anda­ti, cin­que di noi, a cena­re subi­to qui gira­to l’an­go­lo in un ris­tor­an­te maroc­chi­no. Ver­so le nove e mez­za ci sia­mo salu­ta­ti. Poco dopo le die­ci, un ami­co che è attivo in un’as­so­cia­zio­ne di migran­ti e che pro­ba­bilm­en­te è sta­to uno dei pri­mi a ave­re infor­ma­zio­ni, ci ha contat­ta­to per chie­de­re se erava­mo anco­ra nel­le vicinan­ze. Ci erava­mo già lascia­ti, e lui non sape­va pre­ci­sa­men­te dove fossi­mo. Erava­mo già in mac­chi­na, non più vici­ni. Lui ci rif­e­ri­va che in zona ci sareb­be­ro sta­ti, pre­su­mi­bilm­en­te, set­te mor­ti. L’unico pen­sie­ro mio era: ma che sta suc­ce­den­do qua? Auto­ma­ti­ca­men­te gli ho chies­to „ma erano nazis­ti o cosa …?” Lui ha ris­pos­to “no“,  secon­do quello che sape­va dag­li amici si sareb­be trat­ta­to di un tipo sin­go­lo che ave­va spa­ra­to all’impazzata. …. Non sareb­be nem­meno sta­to mascher­a­to o incap­puc­cia­to. Secon­do i suoi amici, non era per nien­te chia­ro quello che era suc­ces­so lì. All­o­ra abbia­mo segui­to tut­te le noti­zie dei tg del­la not­te e del­la mat­ti­na dopo. Poi io sono anda­to lì pres­to. In real­tà sta­vo per anda­re a Mal­ta, nell’ambito di uno dei nos­tri pro­get­ti anti­raz­zi­sti, ave­vo un volo la mat­ti­na pres­to. Sta­vo già sul­la stra­da per l’aero­por­to, quan­do le dimen­sio­ni del­l’­at­tac­co si ini­zia­va­no a capi­re, all­o­ra ho subi­to rin­un­cia­to a par­ti­re. Sono tor­na­to indie­tro, e poi alle 10 di mat­ti­na abbia­mo ini­zia­to le riunio­ni di cri­si nella nos­tro casa occu­pa­ta del­la Metz­ger­stras­se. Io del­le vitti­me non cono­sce­vo nes­su­no per­so­nal­men­te, ma mol­ta gen­te del­la Metz­ger­stras­se e del­la Com­mu­ni­ty dei migran­ti cono­sce­va­no i ragaz­zi assassinati.

Hei­ko: Cos’è la Metzgerstrasse

Hagen: Metz­ger­stras­se è una casa occu­pa­ta a Hanau. È il pun­to d’in­con­tro del­la sinis­tra radi­cale da olt­re 30 anni. Lì tenia­mo anche il nos­tro spa­zio di con­su­len­za per i rifu­gia­ti. Lì nella Metz­ger­stras­se e nella sede del sindaca­to DGB abbia­mo all­o­ra fat­to riunio­ni per tut­to il gior­no, e anche i gior­ni seguen­ti, cer­can­do di gesti­re la situa­zio­ne in qual­che modo.

Devo dire che, con tut­to quello che ave­va­mo fat­to per tan­ti tan­ti anni — spe­cial­men­te nell’ambito dell’ Alarm Pho­ne, che con­ti­nu­a­men­te ci con­fron­ta­va con la mor­te in mare, con gli affo­ga­men­ti — devo dire dun­que che quello che è suc­ces­so qui, così vici­no, così pale­se, mi ha dav­vero stra­vol­to. Mi sono sen­ti­to, e mi sen­to anco­ra oggi, parec­chio col­pi­to da ques­ta vicen­da, anco­ra mi sto dicen­do: “Non può esse­re vero. Deve esse­re un sog­no sba­gli­a­to.“ Insom­ma era ver­a­men­te … che fos­se sta­ta col­pi­ta pro­prio la nos­t­ra pic­co­la cit­tà di Hanau, con la sua lun­ga sto­ria di migra­zio­ne, non mi vole­va pro­prio ent­ra­re in testa.

Hei­ko: Sen­ten­do­vi parl­a­re ho l’im­pres­sio­ne che voi, indi­rett­amen­te, sia­te anco­ra trau­ma­tiz­za­ti da ques­ti fat­ti. Vi ser­vi­te di con­su­len­ze psicologiche?

Seda: All­o­ra, io già pri­ma dell’attentato ero in ter­a­pia psi­co­lo­gi­ca, e ci vado tut­to­ra. Ma gli argo­men­ti cen­tra­li del­la mia ter­a­pia sono cam­bia­ti dopo l’attentato. E ho biso­g­no di più app­un­ta­men­ti, da quin­di­cina­li sono diven­ta­ti set­tim­ana­li. Per ave­re un aiuto valido.

Hagen: Nel mio pic­co­lo grup­po, attra­ver­so il nos­tro lavoro in „Alarm Pho­ne“ venia­mo con­fron­ta­ti con la mor­te in mare. Ovvia­men­te lì, per tele­fo­no, è tut­to più distan­te, ma comun­que semp­re vici­no. Sti­amo spes­so all’estero, in mol­ti pae­si, a con­tat­to con i paren­ti e fami­glia­ri dei rifu­gia­ti nauf­ra­ga­ti. Una nos­t­ra ami­ca mol­to impeg­na­ta va spes­so alle mani­fes­ta­zio­ni com­me­mo­ra­ti­ve in Gre­cia. E noi stes­si a feb­braio erava­mo pre­sen­ti a un even­to com­me­mo­ra­tivo in Maroc­co. Ques­to è il nos­tro back­ground di espe­ri­en­ze, che ci sono ser­vi­te qui in ques­ta situa­zio­ne. Dun­que … ques­to modo, ques­ti ten­ta­ti­vi di affronta­re l’in­con­ce­pi­bi­le, la mor­te … su ques­to pia­no abbia­mo del­le espe­ri­en­ze importan­ti che ci sono tor­na­te utili.

E la cosa buo­na è che qui da noi a Hanau … tra i net­work poli­ti­ci e i giri di amici abbia­mo anche per­so­ne pre­pa­ra­te nell’affrontare il trau­ma, dove pos­sia­mo anda­re, non per via for­ma­le nel sen­so di una ter­a­pia ma per ave­re con­sig­li ami­che­vo­li. Con loro pos­sia­mo parl­a­re quan­do abbia­mo doman­de, pro­ble­mi o quan­do … beh, ques­to è il mio modo di affronta­re la cosa. Come già det­to, lo sgo­men­to era for­tis­si­mo. Sve­gli­ar­si e pen­sare ogni mat­ti­na se è dav­vero suc­ces­so ques­to. Dun­que, una cosa del gene­re, con tan­ta inten­si­tà, non l’avevo mai provata…

Hei­ko: Cosa è suc­ces­so nei pri­mi gior­ni dopo l’at­tac­co? Con le auto­ri­tà, la poli­zia, i media?

Hagen: La pri­ma sera, il 20 feb­braio, c’è già sta­ta una mani­fes­ta­zio­ne di cordo­glio. Erano pre­sen­ti il ​​pre­si­den­te del­la repubbli­ca Stein­mei­er, il pri­mo minis­tro del­la regio­ne Hes­sen, Bouf­fier, vari poli­ti­ci, il sind­a­co di Hanau ecc. Teme­va­mo una mes­sa in sce­na mol­to for­ma­le, vuo­ta, sen­za con­te­nuti. E infat­ti è sta­to così, un even­to piut­tosto imba­raz­z­an­te. Ma si è anche vis­to il sen­so di impo­ten­za degli stes­si poli­ti­ci. Loro stes­si non sape­va­no come affronta­re la cosa, e so è vist la loro pau­ra di rice­ve­re attac­chi da par­te dei parenti.

Ave­va­mo deciso di non dis­tur­ba­re la mes­sa in sce­na dei poli­ti­ci, anche se era pre­sen­te il pri­mo minis­tro del­la regio­ne Hes­sen, Bouf­fier. In un cer­to sen­so, la sua pre­sen­za, sen­tir­lo parl­a­re in un cer­to sen­so era una beffa per tut­to l’impegno anti­fa­scis­te nel Hes­sen. Esis­te un pre­ce­den­te nella regio­ne Hes­sen: gli atti tenuti segre­ti del­l’o­mic­i­dio di Halit Yoz­gat a Kas­sel da par­te del­la NSU nel 2006. E l’insabbiamento degli intrecci con l’uf­fi­ci­a­le del­la Tutela cos­ti­tu­zi­o­na­le Andre­as Tem­me. Ques­to era Bouf­fier. Bouf­fier, da minis­tro, ha coper­to tut­ti gli intrecci tra i ser­vi­zi segre­ti e gli ambi­en­ti ter­ro­risti­ci di des­tra. Vede­re uno del gene­re pian­ge­re lacrime di coc­co­dril­lo qui a Hanau, era dif­fi­ci­le da sopportare.

Abbia­mo capi­to subi­to che dove­va­mo fare qual­co­sa di nos­tro per ren­de­re giu­s­ti­zia alla situa­zio­ne. All­o­ra abbia­mo orga­niz­za­to per il gior­no suc­ces­si­vo, ven­er­dì, una mani­fes­ta­zio­ne pro­prio qui a Heu­markt. Dove paren­ti e amici poteva­no parl­a­re, dove veni­va­no elen­ca­ti i nomi del­le vitti­me: “say their names“, ci è ven­uto in men­te subi­to. Tema­tiz­zar­lo, dire che si trat­ta­va di un attac­co con moti­vi raz­zia­li. Che il mas­sacro dove­va col­pi­re non tut­ti, ma pre­ci­sa­men­te i migran­ti. Che ques­te per­so­ne sono sta­te uccise per­ché non erano abbastan­za „tede­sche“, non abbastan­za „bian­che“. Vole­va­mo met­te­re in pri­mo pia­no questo.

Era mol­to importan­te per noi crea­re con ques­to un luo­go indi­pen­den­te e auto­gesti­to. Fare qual­co­sa di non orga­niz­za­to dal comu­ne, dai minis­te­ri, dall’ufficiale con­su­len­te per le vitti­me. Ques­to per noi a Hanau era mol­to importan­te. E era il pri­mo pas­so per fare qual­co­sa insie­me agli amici e ai paren­ti del­le vitti­me. Ques­te atti­vi­tà poi si sono all­ar­ga­te, inten­si­fi­ca­te. Qui a Heu­markt abbia­mo orga­niz­za­ta la pri­ma con­fe­ren­za stam­pa, la pri­ma mani­fes­ta­zio­ne, ci sia­mo mes­si in cammi­no con diver­se cen­ti­na­ia di per­so­ne da qui a Kes­sel­stadt, il secon­do luo­go del­la stra­ge, per tene­re lì una secon­da con­fe­ren­za stam­pa. E lì a Kes­sel­stadt, tut­ti insie­me abbia­mo per la pri­ma vol­ta pro­nun­cia­to i nomi del­le per­so­ne cono­sci­ute in quel momen­to come vitti­me. Lì ha avu­to luo­go il pri­mo col­let­tivo “Say-their-names“.

Hei­ko: Ques­ti sono sta­ti i vos­tri pri­mi pas­si, nel­le prime ore, nei pri­mi gior­ni del vos­tro impegno?

Hagen: Esat­to. E poi è segui­to subi­to il pas­so suc­ces­si­vo, il risult­a­to degli incon­tri per­ma­nen­ti nella casa occu­pa­ta in Metz­ger­stras­se e la sede del sindaca­to DGB, che si erano svol­ti in tan­ti diver­si rag­grup­pa­men­ti. Si era deciso: okay, fare­mo qual­co­sa di nos­tro ques­to ven­er­dì, e per saba­to indi­re­mo subi­to una mani­fes­ta­zio­ne nazio­na­le. Era chia­ro che sareb­be sta­to impos­si­bi­le orga­niz­za­re una mani­fes­ta­zio­ne di mas­sa in così poco tem­po. Però vole­va­mo reagi­re agli even­ti con una mani­fes­ta­zio­ne saba­to. Alla fine l’abbiamo mes­sa in pie­di: il per­cor­so, gli alto­par­lan­ti sul­le mac­chi­ne, il pal­co­s­ceni­co e tut­to il res­to. Cir­ca 6.000 per­so­ne han­no poi par­te­ci­pa­to sul Frei­heits­platz a ques­ta mani­fes­ta­zio­ne di apertura.

In ques­ti due gior­ni si e rivela­to ele­men­to mol­to importan­te il fat­to che noi a Hanau gra­zie alle nost­re ini­zia­ti­ve anti­raz­zis­te negli anni ave­va­mo mes­so su una buo­na rete di contat­ti in tut­ta le Ger­ma­nia. Negli ulti­mi tre anni face­va­mo par­te anche dei grup­pi che orga­niz­za­va­no „Wel­co­me United“, con l’impegno di port­are in piaz­za a Ber­lin, Ham­burg e poi Dres­den tut­ti i vari movi­men­ti Anti­fa. In quest’ambito sono nati anche stret­ti contat­ti con il grup­po „Scio­glie­re la rete NSU“. Tut­to col focus sul­la vio­len­za raz­zis­ta, con­tro gli attac­chi raz­zi­sti. Si face­va rif­e­ri­men­to soprat­tut­to alla situa­zio­ne nella Ger­ma­nia est, a Dres­den, a Chem­nitz, cioè i vari luoghi in cui si erano ripe­tu­ti attac­chi vio­len­ti e per­si­no pogrom negli ulti­mi due o tre anni. Tut­ti ques­ti contat­ti in quei gior­ni ci sono ser­vi­ti come con­tes­to in cui col­lo­ca­re quello che era suc­ces­so a Hanau, e infat­ti mol­te per­so­ne impeg­na­te per esem­pio a Köln, Ber­lin, Ham­burg nel grup­po „Scio­glie­re la rete NSU“ sono venute a Hanau a dar­ci una mano. E con­ti­nu­a­no fino a oggi. Rice­via­mo mol­to sup­porto per il lavoro in back­ground, cioè il sito Web, le dona­zio­ni, tut­to il net­wor­king. Ques­to sup­porto ester­no nell’organizzazione e nei con­te­nuti  è sta­to mol­to importan­te per noi e per il nos­tro lavoro, quan­do ci sen­ti­va­mo un po’ bloc­ca­ti nel nos­tro sgo­men­to e nei ten­ta­ti­vi di met­te­re in pie­di qualcosa.

Hei­ko: Stai par­lan­do di strut­tu­re poli­ti­che già esis­ten­ti. Ma pro­ba­bilm­en­te è diver­so per le fami­g­lie col­pi­te, che non face­va­no par­te di ques­te strut­tu­re socia­li. È un grup­po mol­to num­ero­so: i fami­lia­ri dei nove ass­as­si­na­ti, gli amici, i cono­s­cen­ti, i soprav­vis­su­ti, i tes­ti­mo­ni, ecc. Come si orga­niz­za­no ques­ti grup­pi di per­so­ne? In vari ambi­en­ti pri­va­ti, socia­li, lin­gu­i­sti­ci, cul­tu­ra­li o nazio­na­li? Cosa suc­ce­de lì?

Seda: Con ques­to spa­zio qui diven­ta mol­to faci­le per tut­ti riunir­si. Come si orga­niz­za­no i fami­glia­ri in pri­va­to? Hagen,  puoi dir­ci tu qualcosa?

Hagen: Non è faci­le spie­ga­re ques­to qua­dro comp­les­so. I nove ass­as­si­na­ti pro­ven­go­no da con­tes­ti mol­to diver­si. Quan­do si arri­va­va alla doman­da: „Cosa dico­no i paren­ti“, abbia­mo semp­re det­to: „Andia­mo pia­no, non pos­sia­mo parl­a­re di “i paren­ti“. Ci sono nove vitti­me, poi i feri­ti, i soprav­vis­su­ti, i loro paren­ti, che sono tut­ti diver­si tra loro quan­to le diver­se situa­zio­ni a Hanau. E non si può parl­a­re di “un ambiente”.

A noi, i contat­ti diret­ti sono sta­ti for­ni­ti da un lato dal­l’as­so­cia­zio­ne cul­tu­ra­le cur­da, per­ché tra gli inter­es­sa­ti ci sono per­so­ne con cui col­la­bo­ria­mo da mol­to tem­po nel­l’al­le­an­za „Soli­da­rie­tà anzi­ché divi­sio­ne“. Dal­l’al­tra par­te attra­ver­so il cen­tro gio­va­ni­le, il JuZ di Kes­sel­stadt. Gli amici che han­no avu­to rap­por­ti mol­to stret­ti con cin­que dei gio­va­ni ass­as­si­na­ti lavor­ano al JuZ da cir­ca 20 anni. Li cono­sce­va­no e ave­va­no vis­ti gli svi­lup­pi nel JuZ negli ulti­mi anni. Da tut­to ciò si sono crea­ti pres­to i contat­ti diretti.

Direi che erano mol­to diver­si i modi e i luoghi in cui quel­le per­so­ne si move­va­no e si incon­tra­va­no. Quin­di è sta­ta posi­ti­va quella pri­ma mani­fes­ta­zio­ne, con quei ten­ta­ti­vi di incon­tro. Poi è nata l’i­dea che c’era biso­g­no di un pun­to d’in­con­tro, per ren­de­re pos­si­bi­le pri­ma di tut­to l’incontro socia­le e lo scam­bio. E così – di ques­to par­le­re­mo dopo – qui si è for­ma­to un luo­go dove fami­g­lie e paren­ti del­le vitti­me sono semp­re pre­sen­ti e dan­no una mano a orga­niz­za­re e svi­luppa­re insie­me ques­to nuo­vo pun­to d’incontro.

Poi è importan­te anche capi­re che poco dopo gli omic­i­di è ini­zia­ta la situa­zio­ne paz­ze­s­ca del Coro­na, che ha limi­ta­to o impe­di­to qual­si­a­si incon­tro. Il JuZ è sta­to chi­uso rela­tiv­a­men­te pres­to, pri­ma limi­ta­to nel­le atti­vi­tà e poi chi­uso com­ple­ta­men­te. Un ami­co che lavo­r­a­va lì par­la di „cata­stro­fe nel­le cata­stro­fe“. Dopo il mas­sacro, quello era sta­to il pos­to più importan­te, per mol­ti paren­ti e amici, per riunir­si e scam­biar­si le idee. Mol­te fami­g­lie sono quin­di rimas­te dop­pia­men­te dis­tur­ba­te. Qua­li pos­si­bi­li­tà c’erano anco­ra? All­o­ra han­no cer­ca­to nuo­vi modi, nuo­vi spa­zi per incon­trar­si. In ques­to pro­ces­so poi sono usci­ti fuo­ri semp­re più contat­ti. Con il risult­a­to che abbia­mo crea­to ques­to pos­to mol­to rapidamente.

Hei­ko: Quan­do è stato?

Hagen: Cir­ca una set­ti­ma­na dopo il mas­sacro era chia­ro che ave­va­mo biso­g­no di un nuo­vo pos­to. Un pos­to il più pos­si­bi­le vici­no a una del­le sce­ne del cri­mi­ne. Il 29 feb­braio, 10 gior­ni dopo il fat­to, abbia­mo avu­to il pri­mo incon­tro con l’agenzia per ques­ti loca­li qui, e il 20 mar­zo ci han­no dato la chiave.

Hei­ko: All­o­ra nel­l’in­ter­vis­ta sia­mo a un buon pun­to per descri­ve­re un po’ meglio ques­to vos­tro locale.

Seda: Abbia­mo 140 sple­ndi­di metri qua­dra­ti, pro­prio sul Heu­markt. Sia­mo di fron­te, in dia­go­na­le, al bar “Shi­sa-Lounge Mid­night“, uno dei luoghi del­la stra­ge. Si entra in una stan­za mol­to gran­de e lumi­no­sa con una gran­de vetri­na sul lato stra­da. In un ango­lo del loca­le abbia­mo alles­ti­to un’area di com­me­mo­ra­zio­ne. Ma sia­mo anco­ra in un con­ti­nuo “work in pro­gress”, in cos­tan­te dia­lo­go con i paren­ti su come imma­gi­nano loro la com­me­mo­ra­zio­ne e come vor­reb­be­ro vede­re quest’area. Ad esem­pio se vor­reb­be­ro una ten­da, in modo da ave­re più pri­va­cy, o se ques­t’area dov­reb­be rima­ne­re aper­ta. Ci sono le foto del­le nove vitti­me appe­se alle pare­ti. E c’è un pic­co­lo spa­zio con sedie, fio­ri e can­de­le. Spes­so ques­t’area rima­ne vuo­ta. Cioè non ci sedia­mo lì, ad esem­pio per pren­de­re un caf­fè o dis­cu­te­re. Trat­ti­amo quest’area con ris­pet­to, usan­do gli altri pos­ti a sede­re nel loca­le. Ci sono diver­si tavo­li dove puoi seder­ti, fare inter­vis­te, lavora­re su un lap­top, ecc. Poi abbia­mo un gran­de diva­no e una bel­la gran­de area salot­to dove le per­so­ne posso­no parl­a­re, dis­cu­te­re. Per noi è importan­te ave­re la pos­si­bi­li­tà di diver­se con­ver­sa­zio­ni o dia­loghi con­tem­po­ra­nea­men­te. Per ques­to ci sono le varie zone di sedu­ta. In fon­do, sepa­ra­to dal­lo spa­zio aper­to, abbia­mo poi un uffi­cio, bag­ni e una gran­de cuci­na. Una cuci­na che fun­zio­na gior­no e notte.

Il loca­le in poco tem­po è diven­ta­to uno spa­zio mol­to viva­ce. Per alcu­ni paren­ti, ques­to è qua­si come il loro salot­to. Ven­go­no a fare cola­zio­ne la mat­ti­na, poi van­no al cimi­tero, fan­no le fac­cen­de quo­ti­dia­ne e poi torn­a­no la sera.

Hei­ko: E qui arri­via­mo alla ques­tio­ne degli ora­ri di aper­tu­ra del vos­tro spazio …

Seda: Pra­ti­ca­men­te è aper­to semp­re. Set­te gior­ni alla set­ti­ma­na. Uno di noi è qui, al più tar­di, sin dal­le die­ci del mat­ti­no. E, vis­ti gli svi­lup­pi qui nel­le ulti­me set­ti­ma­ne, non si esce pri­ma del­le 23:00. Sono parec­chie ore. Ma è anche bel­lo esse­re qui. Sti­amo qui volentieri.

Hei­ko: La posi­zio­ne del nego­zio sul Heu­markt è mol­to cen­tra­le per Hanau. Aggi­ungi­a­mo la vicinan­za a una del­le sce­ne del cri­mi­ne: da qui quin­di si vede l’an­go­lo del­la stra­da in cui è avven­uto il pri­mo attac­co. Ave­te cer­ca­to appos­to ques­to luo­go qui o ave­te tro­va­to per caso ques­to ex negozio?

Hagen: Non pos­sia­mo dire per caso. Abbia­mo pen­sa­to che il cen­tro cit­tà e la vicinan­za al luo­go del­la stra­ge sareb­be­ro idea­li per un pun­to d’in­con­tro. Anche per­ché vici­no al secon­do luo­go del­la stra­ge, nel quar­tie­re Kes­sel­stadt, esis­te già il cen­tro socia­le JuZ. E nel cen­tro cit­tà non c’er­ano altri spa­zio che avrem­mo potu­to usa­re come pun­to d’in­con­tro. Quin­di abbia­mo cer­ca­to qui nel­le vicinan­ze, e tro­va­re ques­to nego­zio vuo­to non è sta­to un caso.

Vor­rei aggi­unge­re qual­co­sa sul peri­odo del Coro­na. Il 20 mar­zo ci han­no dato la chia­ve dei loca­li. E abbia­mo avu­to la for­tu­na di poter sis­te­ma­re la gran­de sala di ingresso in poco tem­po e con mez­zi abbastan­za sem­pli­ci per esse­re subi­to uti­liz­za­bi­le per le riunio­ni. Cioè, secon­de le rego­le del­la regio­ne Hes­sen nel peri­odo del Coro­na pote­va­mo riunir­ci ini­zi­al­men­te in cin­que per­so­ne, poi solo in due per col­lo­qui indi­vi­dua­li. La vera rist­rut­tu­ra­zio­ne l’abbiamo ini­zia­ta pri­ma nel­le stan­ze in fon­do, poi qui davan­ti. Duran­te la rist­rut­tu­ra­zio­ne, pra­ti­ca­men­te nel can­tie­re, pote­va­mo già dare con­su­len­ze. Ques­to è sta­to mol­to importan­te, per­ché tut­te le auto­ri­tà uffi­ci­a­li ave­va­no già ridot­to i ser­vi­zi di con­su­len­za a tele­fo­na­te e incon­tri vir­tua­li. Non c’era un pos­to uffi­ci­a­le a Hanau in cui le per­so­ne col­pi­te poteva­no parl­a­re con qual­cu­no fac­cia a fac­cia. Ques­to pra­ti­ca­men­te era pos­si­bi­le solo qui. E all­o­ra mol­ti paren­ti e mol­te per­so­ne inter­es­sa­te a mar­zo sono venute qui. Anche mol­ti vici­ni del quar­tie­re pas­sa­va­no qui al nos­tro pun­to di incon­tro. Erano feli­cis­si­mi di veder nas­ce­re qui un pos­to del gene­re. Mol­ti ave­va­no assis­ti­to agli even­ti del­la not­te, come tes­ti­mo­ni ocu­la­ri erano rimasti col­pi­ti del­la situa­zio­ne. Erano mol­to con­ten­ti di tro­va­re qui un pos­to per confrontarsi.

Ques­to vos­tro loca­le, inau­gu­ra­to il 5 mag­gio, oggi si pre­sen­ta già ben radi­ca­to e anco­ra­to al ter­ri­to­rio, ma la sua pre-sto­ria ini­zia alla fine di mar­zo. Quan­do le per­so­ne, nel pie­no del­le chi­usu­re per pan­de­mia Coro­na, poteva­no veni­re qui e parl­a­re, rice­ve­re con­su­len­za. Ques­ta par­te del­la sto­ria è sta­ta mol­to importan­te per lo svi­lup­po del posto.

Hei­ko: Radi­ca­to, come dov­rei capi­re ques­ta parola?

Hagen: Il vici­na­to come fat­to­re fon­da­men­ta­le. All­o­ra, sia­mo qui in Krä­mer­stras­se, all’­an­go­lo di Heu­markt, pro­prio sul luo­go del­la stra­ge. E la gen­te del vici­na­to si è subi­to avvici­na­ta a noi per chie­de­re: „Cosa sta­te facen­do qui?“ Le rea­zio­ni sono sta­te: „Fan­ta­sti­co! Ci vole­va un pos­to del gene­re“. E han­no rac­con­ta­to le loro sto­rie per­so­na­li. Come l’avevano vis­suto, in modo più o meno inten­so. C’erano per­so­ne che ave­va­no vis­to qual­co­sa a distan­za ma anche quel­le che si erano tro­va­te fac­cia a fac­cia con l’ass­as­si­no. E quella gen­te ha subi­to dato fidu­cia al nos­tro loca­le. Il loca­le è sta­to accol­to, accett­a­to e uti­liz­za­to dal quar­tie­re — è radi­ca­to nel quar­tie­re. Di pari pas­so è anda­to l’avvicinamento dei paren­ti e del­le fami­g­lie del­le vitti­me di Hanau e Kes­sel­stadt. Sono venuti qui e han­no fat­to del loca­le il loro salot­to, il loro pun­to d’in­con­tro, anche tra paren­ti. Han­no capi­to pres­to che qui era mol­to più faci­le parl­a­re con per­so­ne che ave­va­no vis­suto le stesse cose, che si tro­va­no in una situa­zio­ne simi­le. Che qui non c’è biso­g­no di spie­gar­si. Che qui poss­a­no dis­cu­te­re e met­ter­si d’accordo con alt­re per­so­ne coin­vol­te. Han­no scel­to di far­lo qui, per­ché qui tut­to ques­to è pos­si­bi­le. Il loca­le ha gett­a­to radi­ci nel­le fami­g­lie, tra i paren­ti e gli amici degli assassinati.

Hei­ko: Guar­dan­do la vos­tra bach­eca qui, vedo mol­ti appun­ti come „incon­tro“, „assem­blea“, „stam­pa“ ecc. Come vi organizzate?

Seda: Una vol­ta alla set­ti­ma­na abbia­mo un’assemblea con tut­ti i mem­bri del­l’i­ni­zia­ti­va. Par­te­ci­pa­no, in video­con­fe­ren­za, anche per­so­ne di Ham­burg, Ber­lin, Frank­furt e Offen­bach ….Ci sia­mo divi­si in diver­si grup­pi di lavoro: abbia­mo un grup­po stam­pa, un grup­po di ricer­ca, ecc. Mol­te cose si fan­no vir­tu­al­men­te per e‑mail e grup­pi di chat. In ques­to modo orga­niz­zia­mo i nos­tri pia­ni set­tim­ana­li, chi si occu­pa di qua­li com­pi­ti, pren­dia­mo i nos­tri app­un­ta­men­ti, ecc. Natur­al­men­te c’è una bach­eca e del­le lava­gne, sul­le qua­li cer­chi­amo di man­te­nere la visio­ne d’insieme

Hei­ko: Ave­te fon­da­to un’associazione?

Hagen: Ci sia­mo cos­ti­tui­ti come un’i­ni­zia­ti­va indi­pen­den­te e aper­ta e voglia­mo man­ten­er­la in ques­to modo. Per pren­de­re in affit­to il loca­le ci sia­mo aggan­cia­ti a un’as­so­cia­zio­ne sen­za sco­po di lucro gest­i­ta da amici che se ne occu­p­a­no per e con noi. E per ammi­nis­tra­re le dona­zio­ni alla nos­t­ra ini­zia­ti­va abbia­mo il sup­porto di un’as­so­cia­zio­ne di Köln. In ques­to modo sia­mo rius­ci­ti a orga­niz­za­re le for­ma­li­tà isti­tu­zi­o­na­li attra­ver­so la nos­t­ra rete sen­za dar­ci lo sta­tus di asso­cia­zio­ne. Voglia­mo esis­te­re come ini­zia­ti­va indi­pen­den­te che può svi­lup­par­si in modo fles­si­bi­le in base ai biso­gni e alle neces­si­tà. Abbia­mo con­c­e­pi­to ques­to spa­zio sin dall’inizio come un pro­ces­so, un lavoro in cor­so, sen­za par­ti­re da un con­cet­to fis­so. Voglia­mo tener­ci il futu­ro il più pos­si­bi­le aper­to, vede­re chi è dis­po­ni­bi­le a gestir­lo insie­me a noi. Deve fun­zio­na­re tut­to insie­me alle per­so­ne atti­ve qui sul ter­ri­to­rio. E cre­do che sia­mo sul­la buo­na stra­da, per­ché nel­le set­ti­ma­ne pas­sa­te abbia­mo avu­to qui degli incon­tri ver­a­men­te inter­es­san­ti. I rappre­sen­tan­ti del­le fami­g­lie del­le vitti­me erano pre­sen­ti e han­no par­te­ci­pa­to alle dis­cus­sio­ni e alle decis­io­ni. Ad esem­pio: come dov­ran­no esse­re orga­niz­za­ti i gior­ni del­la com­me­mo­ra­zio­ne il 19 di ogni mese? Come svol­gi­a­mo le rela­zio­ni pubbli­che? Come pos­sia­mo eser­ci­t­are pres­sio­ne poli­ti­ca per dare for­za alle richies­te di inda­gini appro­fon­di­te e com­ple­te? Per­ché mol­te auto­ri­tà sem­bra­no usa­re la pan­de­mia come scu­sa per non pubbli­ca­re nes­sun risult­a­to del­le inda­gini, nep­pu­re risul­ta­ti par­zia­li, sem­pli­ce­men­te nulla. C’è una tota­le man­can­za di tras­pa­ren­za da par­te del­le auto­ri­tà inves­ti­ga­ti­ve. Dun­que, come pos­sia­mo agi­re qui? Su ques­to pun­to abbia­mo già fat­to gran­di pas­si avan­ti. Il 14 mag­gio sia­mo anda­ti tut­ti a Wies­ba­den per assis­te­re alla sedu­ta del­la com­mis­sio­ne inter­na del par­la­men­to regio­na­le di Hes­sen e per costrin­ge­re i poli­ti­ci al con­fron­to. Olt­re a ques­to abbia­mo fat­to, nel­le ulti­me due set­ti­ma­ne, mol­to lavoro media­ti­co. E ci ha qua­si sor­pre­so vede­re come i fami­glia­ri si sono espos­ti in pri­ma per­so­na, han­no for­mu­la­to doman­de ma anche accu­se e richies­te. Cer­ta­men­te tut­to ques­to è faci­li­ta­to da quel  pro­ces­so di comu­ni­ca­zio­ne, di riunio­ni, di scam­bi e rifles­sio­ni in cui ci troviamo.

Hei­ko: Pote­te dire anco­ra qual­co­sa su ques­ta man­can­za di trasparenza?

Hagen: Ques­ta non tras­pa­ren­za in real­tà è evi­den­te su tut­ti i livel­li. Dopo le pri­mis­si­me infor­ma­zio­ni rese note subi­to dopo il fat­to, le auto­ri­tà com­pe­ten­ti han­no comin­cia­to a tace­re ogni alt­ra infor­ma­zio­ne, sia sul­la dina­mi­ca dei fat­ti sia su con­tes­ti e moti­va­zio­ni. Non c’è sta­to infor­ma­zio­ne su nulla. Anche gli avvo­ca­ti del­le fami­g­lie del­le vitti­me han­no cri­ti­ca­to ques­ta poli­ti­ca di infor­ma­zio­ne. Fino a poco tem­po fa non ave­va­no acces­so agli atti. Nem­meno per infor­ma­zio­ni che non posso­no mini­ma­men­te esse­re sos­pett­a­te di met­te­re a rep­en­taglio ulte­rio­ri inda­gini di polizia.

Ci sono varie doman­de sul­la dina­mi­ca dei fat­ti che devo­no asso­lu­t­amen­te esse­re chia­ri­te. Sul­le qua­li la poli­zia e l’Ufficio fede­ra­le cri­mi­na­le BKA dov­reb­be­ro espri­mer­si. E inve­ce fan­no muro. Attra­ver­so il nos­tro lavoro di pubbli­che rela­zio­ni li sti­amo più o meno costrin­gen­do a far usci­re le infor­ma­zio­ni. Ad esem­pio nel caso del­la dina­mi­ca dei fat­ti che han­no por­tato alla mor­te di Vili-Vio­rel Păun. Facen­do subi­to del­le ricer­che, abbia­mo sco­per­to che il gio­va­ne rum­e­no mol­to pro­ba­bilm­en­te è sta­to pre­so di mira qui sul pri­mo luo­go del cri­mi­ne. E poi, evi­den­te­men­te per fer­ma­re l’o­mic­i­da, lo ha inse­gui­to chi­aman­do la poli­zia diver­se vol­te sen­za riusci­re a pren­de­re la linea, poi è sta­to sor­pre­so e col­pi­to dal­l’o­mic­i­da sul­la secon­da sce­na del­la stra­ge. Cir­cos­tan­ze e fat­ti dun­que che sicu­ra­men­te non met­ter­eb­be­ro a rep­en­taglio le ulte­rio­ri inda­gini. La fami­glia Păun vole­va capi­re in cosa fos­se sta­to coin­vol­to il loro figlio quella not­te. Ora san­no di cer­to che ha per­so la vita ment­re cer­ca­va di fer­ma­re l’ass­as­si­no, vedo­no il loro figlio come un eroe. Le auto­ri­tà inve­ce non dico­no nulla su ques­te dina­mi­che nella not­te del­la strage.

E poi cose di ques­to gene­re: nella docu­men­ta­zio­ne mor­tua­ria  appa­re una nota che sta­bi­lis­ce il momen­to di mor­te di una vitti­ma intor­no alle ore 3 del mat­ti­no. L’at­tac­co al “Are­na-Bar” però è avven­uto poco dopo le 22:00. Cosa signi­fi­ca ques­to per i geni­to­ri? Devo­no sup­porre che il loro figlio abbia anco­ra lot­ta­to con la mor­te per diver­se ore? A ques­to pro­po­si­to nessuna infor­ma­zio­ne da par­te del­le autorità.

Oppu­re le aut­op­sie del­le vitti­me. Diver­si geni­to­ri ave­va­no chies­to di non fare aut­op­sie, di non smem­bra­re i cor­pi dei loro fig­li. I loro desi­de­ri non sono sta­ti esau­di­ti. Natur­al­men­te ci posso­no esse­re buo­ni moti­vi per fare aut­op­sie. Ma non c’è sta­to nes­sun ten­ta­tivo di for­ni­re ai geni­to­ri il per­ché, per cosa e per come di ques­te aut­op­sie. Inve­ce, ai geni­to­ri sono sta­ti con­seg­na­ti i cor­pi dei loro fig­li per lavar­li in uno sta­to in cui le sin­go­le par­ti erano solo mal­a­men­te ricom­pos­te. Qui è avve­nu­ta un’ul­te­rio­re trau­ma­tiz­za­zio­ne di per­so­ne costret­te a vive­re con un gran­de dolo­re. È da non cre­de­re con quan­ta igno­ran­za e insen­si­bi­li­tà le auto­ri­tà han­no trat­ta­to le fami­g­lie del­le vittime.

E ti face­va veni­re l’amaro in boc­ca vede­re i poli­ti­ci alle mani­fes­ta­zio­ni uffi­ci­a­li a Hanau fare gran­di dis­cor­si e pro­mes­se, tan­to da spe­r­a­re che qual­co­sa sareb­be cam­bia­to. E dopo con­frontar­si con una real­tà in cui non c’era trac­cia di sen­si­bi­li­tà, tras­pa­ren­za e comu­ni­ca­zio­ne. Ma ques­to è anche il pun­to in cui le fami­g­lie han­no comin­cia­to a reagi­re. Quan­do si sono con­cen­tra­te sul fal­li­men­to del­le auto­ri­tà, cri­ti­can­do­le e accu­san­do­le. Come è potu­to avve­ni­re il mas­sacro? Che cosa è ver­a­men­te suc­ces­so nella not­te del­la stra­ge? E cosa è suc­ces­so nel­le set­ti­ma­ne successive?

Hei­ko: Ho anche una doman­da sul­l’o­mic­i­da. Secon­do i media lui ave­va fat­to diver­si viag­gi all’es­te­ro, tra l’altro per eser­ci­zi di tiro. Pote­te rac­con­t­ar­mi qual­co­sa di più?

Hagen: Anche ques­to pun­to fa par­te del­la non tras­pa­ren­za. Non ci sono infor­ma­zio­ni da par­te del­le auto­ri­tà sui suoi viag­gi. Ora anche qui si potreb­be obi­et­ta­re che tut­te ques­te infor­ma­zio­ni potreb­be­ro dare indi­zi su com­pli­ci, cono­s­cen­ti e rela­zio­ni orga­niz­za­ti­ve all’estero, e che le auto­ri­tà inves­ti­ga­ti­ve quin­di man­ten­go­no coper­te le infor­ma­zio­ni. Però dopo più di tre mesi potreb­be­ro rila­scia­re almeno  qual­che dato sul­lo sta­to dell’indagine. Ma ques­to non acca­de. Sono sta­ti i giorn­a­lis­ti del­lo Spie­gel a sco­pri­re, in aprile, che due dei suoi viag­gi este­ri l’an­no scor­so por­ta­va­no a un cam­po di addestra­men­to di tiro da com­bat­ti­men­to in Slo­v­ac­chia. In ques­ti cam­pi, dei sol­da­ti d’é­li­te off­ro­no addestra­men­ti nel cosid­det­to Com­bat-Shoo­ting. Un addestra­men­to del gene­re, l’autore del mas­sacro l’ha fat­to alcu­ni mesi pri­ma degli attac­chi di Hanau. Evi­den­te­men­te si è pre­pa­ra­to a ucci­de­re le per­so­ne in modo rapi­do e fred­do, a muo­ver­si tat­ti­ca­men­te, a coprir­si le spal­le e a spara­re a chi­unque si avvicinas­se trop­po. Nei prossi­mi mesi ved­re­mo cosa annun­ceran­no i rap­por­ti uffi­ci­a­li di inda­gine. Pen­sia­mo però che sia qua­si impos­si­bi­le che i par­te­ci­pan­ti a ques­to tipo di addestra­men­to al tiro in quei cam­pi sia­no sco­no­sci­uti alle auto­ri­tà di sicu­rez­za e ai ser­vi­zi segreti.

Sia­mo con­vin­ti che ques­to sia un alt­ro pez­zo del mosai­co del fal­li­men­to del­le auto­ri­tà pri­ma del mas­sacro. Un fal­li­men­to che si evi­denzia in mol­te ques­tio­ni: Per­ché l’o­mic­i­da ha otten­uto un por­to d’armi? Come ha potu­to rin­no­var­lo più vol­te? Nel 2017 e nel 2018 ci sono sta­ti epi­so­di ecla­tan­ti di min­ac­ce raz­zis­te e arma­te a Hanau-Kes­sel­stadt, pro­prio lì, mol­to vici­no al luo­go del­la stra­ge e mol­to vici­no alla resi­den­za del­l’o­mic­i­da. Era sta­to già lui? In qua­li altri casi si sape­va di qual­cu­no qui a Kes­sel­stadt che anda­va in giro con armi cari­che, pro­nun­ci­an­do min­ac­ce raz­zia­li? L’ass­as­si­no di Hanau nel 2013 ha avu­to il pri­mo per­mes­so di port­are armi. Cose del gene­re ven­go­no con­troll­a­te ogni tre anni. L’ul­ti­ma vol­ta che ha otten­uto ques­to per­mes­so è sta­to nel 2019. Riuscì per­si­no a esten­de­re la licen­za a un por­to d’armi euro­peo, cioè il diritto di port­are le sue armi in giro per l’Eu­ro­pa, e ques­ta licen­za la otten­ne esat­ta­men­te tra le due ses­sio­ni di addestra­men­to in Slo­v­ac­chia. Per noi, ques­to sol­le­va mol­te doman­de. Chi nel­le auto­ri­tà ha fal­li­to? C’è di nuo­vo sis­te­ma in ques­to fal­li­men­to? Dico „di nuo­vo“ con rif­e­ri­men­to alla rete neo­fa­scis­ta NSU. Anco­ra una vol­ta il sis­te­ma del non vede­re, del tol­ler­a­re. Per­ché a ques­t’uo­mo fu per­mes­so di tene­re le sue armi?

Poi biso­gna parl­a­re del mani­festo “Mess­ag­gio all’intero popo­lo tedes­co”. Quan­do è usci­to online? Lo sta­to non avreb­be potu­to inter­ve­ni­re rapi­da­men­te? Per­ché non gli è sta­ta per­qui­si­ta la casa dopo la pubbli­ca­zio­ne del suo trat­ta­to basa­to su fan­ta­sie di ster­mi­nio raz­zis­ta e fascista?

Per noi, tut­to ques­to cos­ti­tuis­ce un qua­dro in cui sareb­be sta­to pos­si­bi­le per mol­ti aspet­ti fer­ma­re il col­pe­vo­le in anti­ci­po. E su ques­to qua­dro attu­al­men­te sta lavor­an­do il nos­tro grup­po di ricer­ca. Per con­fronta­re le auto­ri­tà con le rela­ti­ve doman­de. Cioè con la doman­da cen­tra­le: „Si poteva­no evi­t­are gli omic­i­di?“ Ques­ta è la doman­da cen­tra­le che riguar­da i paren­ti. Chi ha fal­li­to dove? Qual­cu­no dovrà assu­mer­si la responsa­bi­li­tà del fallimento.

Ques­to è di fon­da­men­ta­le import­an­za. Per­ché tut­ti i paren­ti dico­no che per loro non pote­va anda­re peg­gio che dover sep­pel­li­re i pro­pri fig­li. Ma cosa posso­no fare per evi­t­are che ques­to acca­da di nuo­vo? Da qui le doman­de: come è potu­to suc­ce­de­re? Per­ché non è sta­to pos­si­bi­le pre­ve­ni­re? È qui che i paren­ti con­ti­nu­a­no ad fare doman­de e esi­ge­re ris­pos­te. In modo semp­re più pres­san­te e articolato.

Hei­ko: Quin­di la richies­ta alle auto­ri­tà di ricos­trui­re com­ple­ta­men­te la dina­mi­ca del cri­mi­ne in modo che non ci sia­no più quei „pun­ti oscu­ri“, che lascia­no i fami­glia­ri nella dolo­ro­sa con­fu­sio­ne di chi non sa nulla. E la richies­ta di deter­mina­re fino a che pun­to l’o­mic­i­da avreb­be potu­to esse­re fer­ma­to pri­ma di com­pie­re il cri­mi­ne, in modo da poter­ne trar­re un inseg­na­men­to per il futu­ro … Qua­li alt­re richies­te fan­no i parenti?

Seda: I paren­ti vogli­o­no che lo sta­to agis­ca e chia­ris­ca il mas­sacro e il suo con­tes­to. Vogli­o­no che le auto­ri­tà final­men­te prend­a­no sul serio la mor­te dei loro fig­li, che prend­a­no sul serio i paren­ti stes­si e il loro dolo­re, che prend­a­no sul serio il raz­zi­smo in ques­to pae­se e che fac­cia­no qual­co­sa al riguar­do. Sfort­u­na­ta­men­te, al momen­to non sem­bra così. E ovvia­men­te ques­to aumen­ta il dolo­re, la frus­tra­zio­ne e la rab­bia. È pro­prio ques­to non esse­re pre­si sul serio che tur­ba i sentimenti.

Hagen: Per chia­ri­re anco­ra ques­to fal­li­men­to uffi­ci­a­le: nel lug­lio 2019 c’è sta­to un attac­co raz­zis­ta a un uomo del­l’­Eri­trea a Wäch­ters­bach, qui nel distret­to di Main-Kin­zig. L’uo­mo di 26 anni è sta­to col­pi­to allo sto­ma­co da un’­au­to di pass­ag­gio. L’o­mic­i­da era un uomo che ave­va pre­so le sue armi attra­ver­so un’associazione di tiro al ber­saglio. Ave­va annun­cia­to le stra­ge nella bir­re­ria che abitu­al­men­te fre­quen­ta­va, dove pare non sia sta­to pre­so sul serio. Poi l’uo­mo è usci­to, ha cer­ca­to un uomo di colo­re e gli ha spa­ra­to. Dopo di ques­to l’o­mic­i­da 55enne si è sui­ci­da­to. Era a lug­lio del­l’an­no scor­so. E ora sareb­be leci­to aspett­ar­ci dal­le auto­ri­tà com­pe­ten­ti nel nos­tro distret­to di Main-Kin­zig una rifles­sio­ne su come è pos­si­bi­le che qual­cu­no che com­met­te un omic­i­dio raz­zis­ta pos­sa otte­ne­re un por­to d’armi e diver­se armi lega­li. Inve­ce ci toc­ca vede­re che sì, può otte­ne­re di nuo­vo il por­to d’armi, dal­la stes­sa auto­ri­tà, ed esten­der­lo a un por­to d’armi da fuo­co euro­peo. Quan­to sono seri all­o­ra i con­trol­li di affi­da­bili­tà e la pro­va del­la neces­si­tà per un por­to d’armi da fuo­co? Qui sor­ge la doman­da qua­li sono i cri­te­ri adotta­ti? Cosa è che non va nel­le auto­ri­tà? Oppu­re sono le leg­gi fat­te in modo tale che i raz­zi­sti poss­a­no acquis­ta­re e tene­re legal­men­te del­le armi? Non si vede nean­che un accen­no al fat­to che ques­ti pre-even­ti del mas­sacro di Hanau abbia­no del­le con­se­guen­ze. E quin­di la richies­ta è: dis­ar­ma­re i raz­zi­sti. Dis­ar­ma­re i nazis­ti. Ci vuo­le un dibat­ti­to. A qua­li con­di­zio­ni in Ger­ma­nia vie­ne data l’au­to­riz­za­zio­ne a port­are armi? La si da a quel­li che ven­go­no addestra­ti nel­le asso­cia­zio­ni di tiro? Deve asso­lu­t­amen­te suc­ce­de­re qual­co­sa in proposito.

Hei­ko: Vor­rei tornare alla situa­zio­ne dei fami­glia­ri. Mol­te per­so­ne sono col­pi­te da per­di­ta, dolo­re e pau­ra per via dei num­ero­si omic­i­di. Mem­bri del­la fami­glia, amici, cono­s­cen­ti e tes­ti­mo­ni ocu­la­ri. In che misu­ra otten­go­no aiuto nella vita quo­ti­dia­na e sup­porto psi­co­lo­gi­co dal­le autorità?

Seda: Da una par­te si paga­no aiuti eco­no­mici imme­dia­ti ai paren­ti. Ma quan­do per il finan­zia­men­to del­l’as­sis­ten­za a lungo ter­mi­ne sti­amo anco­ra lott­an­do. Dov­reb­be esse­re ovvio che le vitti­me di un vio­len­to attac­co raz­zis­ta in ques­to pae­se abbia­no sicu­rez­za eco­no­mica. Ma non è così.

Per quan­to riguar­da le cure psi­co­lo­gi­che, al momen­to è dif­fi­ci­le tro­va­re psi­co­ter­a­peu­ti. Da un lato ques­to si deve al fat­to che la mag­gi­or par­te dei ter­a­peu­ti al momen­to assegna solo ses­sio­ni video e nes­sun app­un­ta­men­to fac­cia a fac­cia. Mol­ti paren­ti però non vogli­o­no ques­to tipo di con­ver­sa­zio­ne online. E spes­so non se la cava­no bene con le tec­no­lo­gie necessarie.

Mol­ti gio­va­ni sono arrab­bia­ti con le auto­ri­tà anche per la chi­usu­ra del cen­tro socia­le JuZ a Kes­sel­stadt. Le restri­zio­ni per la pan­de­mia Coro­na sono sta­te gra­du­al­men­te tol­te. Ma ques­to sem­bra vale­re solo per i set­to­ri del­l’e­co­no­mia. Quel­li sono con­side­ra­ti rile­van­ti. Ma non i luoghi di incon­tro socia­le. E il JuZ era il pun­to d’in­con­tro per i gio­va­ni, una secon­da casa per le vitti­me del­l’­at­tac­co e tut­ti i loro amici e cono­s­cen­ti. Lì era ini­zia­ta, poco dopo il 19 feb­braio, la ter­a­pia di grup­po per i gio­va­ni inter­es­sa­ti, ma con le misu­re per il Coro­na è sta­ta imme­dia­ta­men­te inter­rot­ta dopo la pri­ma o secon­da sedu­ta. E del­le video­con­fe­ren­ze offer­te in sosti­tu­zi­o­ne nes­su­no dei gio­va­ni sape­va che far­sene. Ci sono parec­chie doman­de sul per­ché i par­ruc­chie­ri poss­a­no apri­re ora, ma importan­ti pun­ti di incon­tro riman­ga­no chiusi.

Da par­te del­le auto­ri­tà … beh, cono­sco una don­na che non si tro­va bene con la ter­a­peu­ta che le han­no asseg­na­to. Ma se la rifi­ut­as­se, dov­reb­be cer­ca­re una nuo­va ter­a­peu­ta lei stes­sa, in ques­te cir­cos­tan­ze dif­fi­ci­li. Non è ques­to il modo per aiut­a­re le per­so­ne trau­ma­tiz­za­te da un mas­sacro. È abbastan­za dif­fi­ci­le al momen­to tro­va­re un’a­de­gua­ta assis­ten­za psi­co­lo­gi­ca per le per­so­ne colpite.

Hagen: Direi che ques­te offer­te isti­tu­zi­o­na­li sono piut­tosto ambi­va­len­ti. Ques­ta assis­ten­za imme­dia­ta alle vitti­me è sta­ta intro­dot­ta per la pri­ma vol­ta dopo il ten­ta­tivo di ass­as­si­nio di Breit­scheid Platz. È gius­to dare ai geni­to­ri 30.000 euro e ai fratel­li 15.000. Ma ques­to per le fami­g­lie è sta­to appe­na suf­fi­ci­en­te per finan­zia­re i fun­e­ra­li e le cose più urgen­ti. Non è cer­to una sicu­rez­za per­ma­nen­te. Soprat­tut­to quan­do le per­so­ne trau­ma­tiz­za­te non sono più in gra­do di lavora­re, di svol­ge­re la loro pro­fes­sio­ne. Ci si chie­de come dov­reb­be­ro tira­re avan­ti. In alcu­ni casi c’è sta­to un aiuto rapi­do e non buro­cra­ti­co per tro­va­re nuo­ve case. Per­ché non poteva­no o non vole­va­no più vive­re dove ave­va­no vis­su­ti con i loro fami­lia­ri uccisi. Ma ci sono anche casi in cui ques­to non è avven­uto. Dove un pad­re deve anco­ra vive­re nel suo appart­a­men­to a 50 metri dal luo­go del­la stra­ge, per­ché evi­den­te­men­te non è sta­to tro­va­to nulla per lui. Cir­ca 10 gior­ni fa, il sup­porto finan­zia­rio per i fami­glia­ri è sta­to tema­tiz­za­to nei nos­tri media loca­li. La noti­zia par­la­va di 1 mili­o­ne di euro di aiuti di emer­gen­za, ver­sa­ti ai fami­glia­ri. Cioè sem­bra­va che ogni fami­glia aves­se rice­vu­to 1 mili­o­ne di euro. Ma non è affat­to così. Si trat­ta di cir­ca 60 per­so­ne che secon­do i cri­te­ri del cen­tro com­pe­ten­te ave­va­no il diritto di con­su­len­za per i fami­glia­ri. La som­ma stan­zia­ta è sta­ta divi­sa tra loro. Ci sono però mol­ti soprav­vis­su­ti che erano nei bar al momen­to del­l’­at­tac­co e solo per un caso di for­tu­na non sono sta­ti col­pi­ti, sono soprav­vis­su­ti. O altri che han­no vis­suto gli a fior di pel­le. Ques­te per­so­ne non sono sta­te con­side­ra­te. Non è che tut­ti i coin­vol­ti rice­vo­no aiuti eco­no­mici. Poi c’è il pro­ble­ma dell’auto-rappresentazione del­le auto­ri­tà. Quan­do sia­mo sta­ti al par­la­men­to regio­na­le di Wies­ba­den per ascol­ta­re il rap­por­to del minis­tro dell’interno del Hes­sen, Beuth, ques­to rap­por­to per i paren­ti suona­va come una gran­de pre­sa in giro. Beuth era pie­no di elo­gi per i ser­vi­zi di emer­gen­za. Come se tut­to fos­se anda­to al meglio, dall’immediato inter­ven­to del­la poli­zia fino al ser­vi­zio di soc­cor­so. È sta­to pre­sen­ta­ta al par­la­men­to una bel­lis­si­ma imma­gi­ne di come le auto­ri­tà si sareb­be­ro pre­se cura del­le per­so­ne col­pi­te. Ques­to natur­al­men­te è in net­to con­trasto con quan­to le per­so­ne col­pi­te rac­con­ta­no di quella not­te e dei gior­ni successivi.

Par­lan­do in gene­ra­le: ci sono sta­ti degli aiuti occa­sio­na­li risul­ta­ti effi­ca­ci. Ma nel comp­les­so c’è sta­ta man­can­za di aiuto da mol­te par­ti. E gli effet­ti del­la pan­de­mia Coro­na han­no por­tato al col­mo del nega­tivo nel caso del­la cura psi­co­lo­gi­ca dei trau­ma­tiz­za­ti, com­ple­ta­men­te ina­de­gua­ta. Da non dimen­ti­ca­re poi la com­ple­ta man­can­za di sen­si­bi­li­tà. Bas­ta ricorda­re la sto­ria del­l’­aut­op­sia da incu­bo, che ho già raccontata.

Oppu­re il caso di un’a­zio­ne di poli­zia con­tro i fami­glia­ri sot­to for­ma di un dis­cor­so sul­le per­so­ne a rischio. Bana­liz­zan­do, potrem­mo chi­amar­lo anche un infe­li­ce ten­ta­tivo di sta­bi­li­re un con­tat­to. Il pad­re del­l’o­mic­i­da era soprav­vis­suto agli even­ti nella sua casa. Ora figu­ra uffi­ci­al­men­te come tes­ti­mo­ne, ma non è dis­pos­to a depor­re. Dopo qual­che set­ti­ma­na è tor­na­to casa, che si tro­va nel­le imme­dia­te vicinan­ze del secon­do luo­go del­la stra­ge e anche del­le case di alcu­ne fami­g­lie del­le vitti­me. All­o­ra la poli­zia pro­ba­bilm­en­te ha pen­sa­to che fos­se una buo­na idea infor­ma­re le fami­g­lie del­le vitti­me. Però l’ha fat­to nel modo in cui nella pras­si del­la poli­zia ci si rivol­ge ai cosid­det­ti „per­so­ne a rischio cri­mi­na­le“: cioè avver­ti­re, fino alla min­ac­cia, di lascia­re asso­lu­t­amen­te in pace ques­to pad­re dell’assassino, di con­vin­ce­re gli altri vici­ni di non attac­ca­re quell’uomo. ecc. Così le vitti­me veni­va­no tras­for­ma­te in poten­zia­li ass­as­si­ni. Qui sia­mo lon­ta­ni da ogni sen­si­bi­li­tà. E non si può cer­to parl­a­re di un approc­cio alle vitti­me ben for­ma­to e pro­fes­sio­na­le. Cer­ta­men­te era sen­sa­to e gius­to infor­ma­re le fami­g­lie. Ma i modi… sono dispe­ran­ti. In ques­to con­tes­to sen­ti­re il qua­dro idil­li­a­co dipin­to dal minis­tro ha fat­to veni­re l’amaro in boc­ca ai fami­glia­ri. Han­no buo­ni moti­vi per cri­ti­ca­re for­te­men­te ques­to trat­ta­men­to nei con­fron­ti loro e del­le loro situazione.

Hei­ko: Gra­zie per ques­ti appro­fon­di­men­ti. Sul vos­tro sito web si leg­ge che vole­te gesti­re ques­to pro­get­to, ques­to loca­le per tre anni. È corretto?

Seda: almeno tre anni.

Hagen: Al momen­to sti­amo già pen­san­do a come dov­reb­be anda­re avan­ti. Ma deci­de­re­mo tra un anno se voglia­mo anda­re avan­ti per cin­que o più anni. Però già adesso sti­amo pen­san­do a ques­te opzio­ni. Attu­al­men­te la pro­s­pet­ti­va è di tre anni.

Hei­ko: Un’im­pre­sa cos­to­sa. Sol­tan­to l’af­fit­to dei loca­li cos­ta 2500 euro al mese. Cre­de­te di poter affronta­re ques­ti e altri cos­ti correnti?

Seda: Abbia­mo rice­vu­to mol­te dona­zio­ni sin dall’apertura all’i­ni­zio di mag­gio. Tan­te da ave­re già i sol­di per l’af­fit­to del pri­mo anno. Le dona­zio­ni ovvia­men­te caleran­no. E all­o­ra dov­re­mo esse­re crea­ti­vi nel­le prossi­me cam­pa­gne di dona­zio­ne. La nos­t­ra mas­si­ma prio­ri­tà anche qui è rima­ne­re indi­pen­den­ti. Per ora andia­mo avan­ti a pic­co­li passi.

Hei­ko: Di ques­to pro­get­to fan­no par­te le mani­fes­ta­zio­ni ricor­ren­ti ogni 19 del mese?

Seda: Esat­to. Ogni 19 del mese orga­niz­zia­mo un’a­zio­ne di memo­ria. Curia­mo insie­me le coro­ne, i fio­ri, le can­de­le e le foto sui luoghi del­la stra­ge e vici­no al monu­men­to di Grimm sul­la piaz­za mer­ca­to. Depo­nia­mo lì degli ogget­ti e del­le let­te­re che rice­via­mo. E ricor­dia­mo in silen­zio i nove ass­as­si­na­ti. A cau­sa del­le restri­zio­ni per Coro­na, ques­to nel­le ulti­me set­ti­ma­ne ha semp­re avu­to luo­go su sca­la ridot­ta, dicia­mo in una dimen­sio­ne mol­to fami­lia­re, pri­vata e tran­quil­la. Ora sti­amo dis­cu­ten­do insie­me alle fami­g­lie su pos­si­bi­li alt­re for­me di com­me­mo­ra­zio­ne e di ricordo. Così come ques­to spa­zio qui, anche la rea­liz­za­zio­ne dei ques­ti gior­ni del­la memo­ria è un pro­ces­so con­ti­nuo. Tut­ti posso­no par­te­cipa­re, espri­me­re i loro desi­de­ri, le loro idee. Per esem­pio poco fa c’è sta­to il com­p­le­an­no di Sedat Gür­büz, che è sta­to ucciso qui di fron­te al bar “Shi­sa-Lounge Mid­night“. Insie­me alla fami­glia e agli amici, abbia­mo ricorda­to lui sul pri­mo luo­go del­la stra­ge. Cer­chi­amo di rac­co­glie­re e di attua­re nuo­ve idee, nuo­vi desi­de­ri e biso­gni. Ma la pan­de­mia Coro­na ha smorz­a­to mol­te attività.

Hagen: Dun­que, non abbia­mo anco­ra un pro­gram­ma uffi­ci­a­le per ques­to loca­le. Però un pri­mo even­to qui den­tro c’è già sta­to. Un rappre­sen­tan­te del­l’i­ni­zia­ti­va “Keups­tras­se” di Köln, Kut­lu Yurts­even, è ven­uto qui per rac­con­ta­re le espe­ri­en­ze del­la loro ini­zia­ti­va. È sta­to un pic­co­lo incon­tro, per­ché ovvia­men­te sia­mo limi­ta­ti a cau­sa del Coro­na e non pos­sia­mo fare gran­di invi­ti. Ma abbia­mo in pro­gram­ma di invi­t­are intor­no al 19 di ogni mese rappre­sen­tan­ti di un’i­ni­zia­ti­va esis­ten­te sul ter­ri­to­rio nazio­na­le, per far­ci rac­con­ta­re le loro espe­ri­en­ze. Voglia­mo uti­liz­za­re lo spa­zio anche per met­ter­ci semp­re più in rete sul pia­no nazio­na­le. Abbia­mo parec­chie idee su pos­si­bi­li even­ti, most­re, pre­sen­ta­zio­ni di film e incon­tri. Ma ovvia­men­te tut­to ques­to dipen­de anche dal­le aper­tu­re che il per­cor­so del­la pan­de­mia consente.

Un’al­tra idea, anco­ra mol­to vaga, è quella di ori­ent­ar­ci qui a Hanau al con­cet­to dell’iniziativa anti-NSU. Per­ché qui a Hanau, essen­do mor­to l’au­to­re del­la stra­ge, non ci sarà un pro­ces­so, non ci sarà ela­bo­ra­zio­ne lega­le. Pos­sia­mo pre­su­me­re che il gover­no regio­na­le vor­rà chiude­re pres­to i fasci­co­li e toglie­re tut­to dal tavo­lo con un rap­por­to fina­le. Con un’iniziativa come quella anti-NSU si potreb­be affronta­re la cate­na del fal­li­men­to uffi­ci­a­le, l’att­eg­gi­a­men­to igno­ran­te del­le auto­ri­tà nei con­fron­ti del­le vitti­me del­la vio­len­za raz­zis­ta, il raz­zi­smo all’interno del­le auto­ri­tà e mol­to alt­ro. Lo si potreb­be inser­i­re in un qua­dro nazio­na­le e for­se anche accom­pagna­re da una gran­de mani­fes­ta­zio­ne sul tema. Pen­sia­mo di fare ques­to for­se in autunno.

Hei­ko: All­o­ra augu­ro tan­to suc­ces­so a voi e al vos­tro pro­get­to. E gra­zie per ques­ta intervista.

Über­set­zung: Prof. Jörg Senf